WORKAHOLISM
Il “workaholism” è un concetto relativamente nuovo in psichiatria, la maggior parte degli esperti concordano nel sostenere che un “workaholic” sia un individuo che si impegna duramente ed incessantemente nella propria professione, il cui impulso a dare il massimo però, trascende la sua capacità di controllo sul lavoro che svolge.
Tale condizione determina un impegno inflessibile, un tempo eccessivo trascorso a svolgere le proprie mansioni, una accentuata difficoltà a “staccare” dalla propria attività e forti vissuti di frustrazione ed agitazione quando “costretto” a riposare. Paradossalmente a quanto si potrebbe pensare però, una tale energia profusa nello svolgere le proprie mansioni porta a vissuti emotivi prevalentemente negativi: bassa autostima, alta percezione di stress e bassa soddisfazione personale.
Si stima una percentuale di individui coinvolti in una simile condizione che si aggira dal 10% al 25% della popolazione globale.
A differenza di ciò che accade con altre dipendenze, l’eccessivo lavoro è spesso visto, specie nella cultura occidentale, come qualcosa di positivo: colui che dà priorità alla propria professione, e che vive una vita lavorativamente gratificante è spesso stimato ed ammirato. Ciò complica profondamente il quadro clinico, rendendo più difficile sia l’identificazione, sia lo sviluppo di strategie atte alla soluzione della patologia.
Una dipendenza da lavoro si porta dietro effetti devastanti non solo sul soggetto che ne è affetto: disturbi del sonno, problemi alimentari, ipertensione, ansia, problemi psicosomatici e disturbi dell’umore sono i più comuni; ma anche sulla sua famiglia, specie le relazioni coniugali ne risultano altamente compromesse e molteplici studi dimostrano come i figli dei dipendenti risultino spesso profondamente depressi.